mercoledì 13 febbraio 2013

101 storie zen



Questa volta vogliamo solo condividere con voi questo libricino che affronta grandi questioni e regala grandi soluzioni come solo lo zen sa fare, senza aggiungere altro. E se voleste leggerle tutte /http://www.101storiezen.com/




3. Ah sì?

Il maestro di Zen Hakuin era decantato dai vicini per la purezza della sua vita.

Accanto a lui abitava una bella ragazza giapponese, i cui genitori avevano un negozio di alimentari. Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, i genitori scoprirono che era incinta.

La cosa mandò i genitori su tutte le furie. La ragazza non voleva confessare chi fosse l'uomo, ma quando non ne poté più di tutte quelle insistenze, finì col dire che era stato Hakuin.

I genitori furibondi andarono dal maestro. «Ah sì?» disse lui come tutta risposta.

Quando il bambino nacque, lo portarono da Hakuin. Ormai lui aveva perso la reputazione, cosa che lo lasciava indifferente, ma si occupò del bambino con grande sollecitudine. Si procurava dai vicini il latte e tutto quello che occorreva al piccolo.

Dopo un anno la ragazza madre non resistette più. Disse ai genitori la verità: il vero padre del bambino era un giovanotto che lavorava al mercato del pesce.

La madre e il padre della ragazza andarono subito da Hakuin a chiedergli perdono, a fargli tutte le loro scuse e a riprendersi il bambino.

Hakuin non fece obiezioni. Nel cedere il bambino, tutto quel che disse fu: «Ah sì?».



14. La strada fangosa

Una volta Tanzan ed Ekido camminavano insieme per una strada fangosa. Pioveva ancora a dirotto.

Dopo una curva, incontrarono una bella ragazza, in chimono e sciarpa di seta, che non poteva attraversare la strada.

«Vieni, ragazza,» disse subito Tanzan. Poi la prese in braccio e la portò oltre le pozzanghere.

Ekido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte. Allora non poté più trattenersi. «Noi monaci non avviciniamo le donne» disse a Tanzan «e meno che meno quelle giovani e carine. È pericoloso. Perché l'hai fatto?».

«Io quella ragazza l'ho lasciata laggiù» disse Tanzan. «Tu la stai ancora portando con te?»





16. Quasi un Buddha

Uno studente universitario, che era andato a trovare Gasan, gli domandò: «Hai mai letto la Bibbia cristiana?».

«No, leggimela tu» disse Gasan.

Lo studente aprì la Bibbia e lesse da san Matteo: «"E perché ti preoccupi delle vesti? Guarda come crescono i gigli del campo: essi non lavorano e non tessono, eppure io ti dico che nemmeno Salomone in tutta la sua gloria era abbigliato come uno di loro... Perciò non darti pensiero del domani, perché sarà il domani a pensare alle cose..."».

Gasan osservò: «Chiunque abbia detto queste parole, a me sembra un uomo illuminato».

Lo studente continuò a leggere: «"Chiedi e ti sarà dato, cerca e troverai, bussa e ti sarà aperto. Perché colui che chiede riceve, e colui che cerca trova, e a colui che bussa verrà aperto"».

Gasan commentò: «Questo è molto bello. Chiunque l'abbia detto, è quasi un Buddha».




18. Una parabola

In un sutra, Buddha raccontò una parabola: Un uomo che camminava per un campo si imbatté in una tigre. Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto a un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l'orlo. La tigre lo fiutava dall'alto. Tremando, l'uomo guardò giù, dove, in fondo all'abisso, un'altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topi, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L'uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l'altra spiccò la fragola. Com'era dolce!




22. Il mio cuore brucia come il fuoco

Soyen Shaku, il primo insegnante di Zen ad andare in America, disse: «Il mio cuore brucia come il fuoco ma i miei occhi sono freddi come ceneri morte». Egli stabilì le seguenti norme, che mise in pratica ogni giorno della sua vita:

La mattina, prima di vestirti, brucia dell'incenso e medita.

Coricati sempre alla stessa ora. Nutriti a intervalli regolari. Mangia con moderazione e mai a sazietà.

Ricevi un ospite con lo stesso atteggiamento che hai quando sei solo. Da solo, conserva lo stesso atteggiamento che hai nel ricevere ospiti.

Bada a quello che dici, e qualunque cosa tu dica, mettila in pratica.

Quando si presenta un'occasione non lasciartela scappare, ma prima di agire pensaci due volte.

Non rimpiangere il passato. Guarda al futuro.

Abbi l'atteggiamento intrepido di un eroe e il cuore tenero di un bambino.

Non appena vai a letto, dormi come se quello fosse il tuo ultimo sonno. Non appena ti svegli, lascia subito il letto dietro di te come se avessi gettato via un paio di scarpe vecchie.





26. Dialogo commerciale per avere alloggio

Qualunque monaco girovago può fermarsi in un tempio Zen, a patto che sostenga coi preti del posto una discussione sul Buddhismo e ne esca vittorioso. Se invece perde, deve andarsene via.

In un tempio nelle regioni settentrionali del Giappone vivevano due confratelli monaci. Il più anziano era istruito, ma il più giovane era sciocco e aveva un occhio solo.

Arrivò un monaco girovago e chiese alloggio, invitandoli secondo la norma a un dibattito sulla sublime dottrina. Il fratello più anziano, che quel giorno era affaticato dal molto studio, disse al più giovane di sostituirlo. «Vai tu e chiedigli il dialogo muto» lo ammonì.

Così il monaco giovane e il forestiero andarono a sedersi nel tempio.

Poco dopo il viaggiatore venne a cercare il fratello più anziano e gli disse: «Il tuo giovane fratello è un tipo straordinario. Mi ha battuto».

«Riferiscimi il vostro dialogo» disse il più anziano.

«Be',» spiegò il viaggiatore «per prima cosa io ho alzato un dito, che rappresentava Buddha, l'Illuminato. E lui ha alzato due dita, per dire Buddha e il suo insegnamento. Io ho alzato tre dita per rappresentare Buddha, il suo insegnamento e i suoi seguaci, che vivono la vita armoniosa. Allora lui mi ha scosso il pugno chiuso davanti alla faccia, per mostrarmi che tutti e tre derivano da una sola realizzazione. Sicché ha vinto e io non ho nessun diritto di fermarmi». E detto questo, il girovago se ne andò.

«Dov'è quel tale?» domandò il più giovane, correndo dal fratello più anziano.

«Ho saputo che hai vinto il dibattito».

«Io non ho vinto un bel niente. Voglio picchiare quell'individuo».

«Raccontami la vostra discussione» lo pregò il più anziano.

«Accidenti, non appena mi ha visto lui ha alzato un dito, insultandomi con l'allusione che ho un occhio solo. Dal momento che era un forestiero, ho pensato che dovevo essere cortese con lui e ho alzato due dita, congratulandomi che avesse due occhi. Poi quel miserabile villano ha alzato tre dita per dire che tra tutti e due avevamo soltanto tre occhi. Allora ho perso la tramontana e sono balzato in piedi per dargli un pugno, ma lui è scappato via e così è finita».



27. La voce della felicità

Dopo la morte di Bankei, un cieco che viveva accanto al tempio del maestro disse a un amico: «Da quando sono cieco, non posso osservare la faccia delle persone, e allora devo giudicare il loro carattere dal suono della voce. Il più delle volte, quando sento qualcuno che si congratula con un altro per la sua felicità o il suo successo, afferro anche una segreta sfumatura di invidia. Quando uno esprime il suo rammarico per la disgrazia di un altro, sento il piacere e la soddisfazione, come se quello che si rammarica sia in realtà contento che nel suo proprio mondo ci sia ancora qualcosa da guadagnare.

«La voce di Bankei, però, sin dalla prima volta che l'ho sentita, è stata sempre sincera. Quando lui esprimeva la felicità non ho mai sentito null'altro che la felicità, e quando esprimeva il dolore, il dolore era l'unico sentimento che io sentissi».




45. Bene e male

Durante le settimane in cui Bankei faceva il suo ritiro di meditazione, gli allievi venivano da tutto il Giappone per assistervi. Nel corso di uno di questi seminari, un allievo fu sorpreso a rubare. L'episodio fu riferito a Bankei con la richiesta che il colpevole fosse scacciato. Bankei ignorò il fatto.
Successivamente l'allievo fu colto di nuovo in flagrante, e anche stavolta Bankei non si curò della faccenda. Questo fece andare in collera gli altri allievi, che presentarono una petizione in cui chiedevano l'allontanamento del ladro, affermando che altrimenti se ne sarebbero andati tutti quanti.
Allorché Bankei lesse la petizione, li convocò tutti. «Voi siete fratelli assennati» disse. «Voi sapete quello che è bene e quello che non lo è. Voi potete andarvene a studiare altrove, se così vi garba, ma questo povero fratello non sa nemmeno distinguere il bene dal male. Chi glielo insegnerà, se non lo faccio io? Lo terrò qui anche se doveste andarvene tutti quanti».
Un fiume di lacrime inondò la faccia del fratello che aveva rubato. Ogni desiderio di rubare era scomparso in lui.











 





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